Cosa
Mettere al centro i diritti sessuali e riproduttivi significa scegliere di mettere al centro il corpo, il desiderio, e il diritto all’autodeterminazione (che è bene distinguere dalla deriva individualista che ci attraversa tutte/*, come soggettività allevate e formate nella cultura neoliberista). Tre parole-chiave per i femminismi. Tre parole che ci guideranno lungo un percorso teso a interrogare il nostro presente utilizzando la lente dei diritti sessuali e riproduttivi, fino a mettere in discussione le nostre pratiche. Teso, come sempre nel nostro lavoro di riflessione, non tanto a fornire risposte alle questioni sollevate, quanto piuttosto a trovare insieme nuove prospettive e domande.
Il lavoro di riproduzione è stato troppo spesso concepito come legato alla sfera privata. La concezione dello spazio familiare e domestico come sfera di riproduzione e non di produzione facilita lo sfruttamento del lavoro di cura da parte del mercato, sgravandosi di un peso nella forma di lavoratrici sottopagate o lavoro di cura non retribuito, senza riconoscere che il mercato del lavoro stesso non potrebbe esistere senza il lavoro riproduttivo.
Favorire le condizioni di riproduzione entro il proprio ambito di intervento è quello che ci si aspetterebbe da uno stato, eppure vediamo accadere più o meno vicino a noi l’esatto contrario. Da un lato, con riferimento all’accesso all’aborto, Polonia, Ungheria, Stati Uniti hanno adottato restrizioni gravose, e nulla garantisce che ciò non possa accadere anche altrove, incluso in Italia dove la legge 194 è costantemente minacciata o svuotata dall’interno a causa degli altissimi numeri dell’obiezione di coscienza. Dall’altro, in questo caso in primo luogo in Italia, l’accesso alle tecnologie per la riproduzione è a tutt’oggi soggetto a un giudizio di “merito” che stabilisce chi è ammessa/o alla genitorialità e a quali condizioni e chi no. Non a caso di tutti i limiti della versione iniziale della legge 40 a essere in piedi ancora oggi è l’accesso riservato alle coppie eterosessuali. In altre parole (considerato che una coppia di uomini non può accedere alla genitorialità cosiddetta naturale se non attraverso la gpa) la nostra legislazione prevede una sorta di “maschio garante”, perché una donna (single o in coppia con un’altra) non può accedere alle tecnologie per la riproduzione in Italia se non è accompagnata da un uomo, suo partner.
Chi è visibile in questa narrazione? Chi sceglie le parole per raccontarla? Chi è inclusa/* e chi resta fuori? E soprattutto – i femminismi lo hanno gridato molte volte – il fine è quello di essere incluse/* oppure di rovesciare i termini della questione?
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Mappa didattica – i temi in discussione e le docenti invitate (in aggiornamento). Per un’idea dei contenuti vedi anche le edizioni precedenti all’interno della sezione Archivi
con Marta Lempart, Yasmine Ergas, Clara Caldera, Simona Ammerata
*(la lezione si terrà in aula 16)