Cosa
Un mostro è un corpo che fa spavento perché è fuori controllo, una donna mostruosa è libera dal controllo dell’uomo, che vive la sua natura selvaggia, evocando la primordiale paura che il patriarcato nutre nei confronti delle donne. Dalla dea babilonese Tiāmat, da Lilith a Giovani streghe, la potenza delle donne è considerata oscura, e chi trasgredisce la regola delle Brave Ragzzze, chi pratica la rottura o il sovvertimento dei modelli imposti di rappresentazione e autorappresentazione contravvenendo l’ordine simbolico dominante, chi evoca il perturbante, è una pazza o una strega. Se è una donna di talento – come quelle di cui parleremo in questo ciclo di incontri – non importa, perché come è noto gli alibi che valgono per gli uomini di genio e sregolatezza non sono concessi alle donne.
Valérie Solanas è il prototipo di questo tipo di donna, perché ha portato alle estreme conseguenze sia il suo talento che la sua forza oscura. Scrittrice e attivista, protagonista della controcultura americana degli anni ’60, nel 1988 viene trovata cadavere ad Bristol Hotel di San Francisco, dopo che per molti anni nessuno aveva più saputo nulla di lei. Dopo carcere e manicomio, aveva vissuto un’esistenza maledetta, marginale e, nonostante avesse un’intelligenza e un’istruzione superiori, aveva respinto ogni regola. Rigettava il sesso, che definiva un “rifugio per i mentecatti”, e rinnegava il successo, per esempio non consegnò mai a Maurice Girodias dell’ Olympia Press, che era l’editore di Nabokov e Burroughs, il romazo che lui le chiedeva con insistenza. Solanas aveva affidato la sua celebrità solo ai tre colpi di pistola che, nel giugno del ‘68, sparò contro Andy Warhol, che sopravvisse, mentre lei andò in prigione dicendo: “Ma io sono una rivoluzionaria, non una pazza”. Solanas aveva offerto a Andy Warhol un suo racconto, sperando che lo mettesse in scena, ma il linguaggio sboccato, l’atteggiamento oltraggioso e osceno erano troppo perfino per lui. Così come il suo “superfemminismo” era troppo anche per il femminismo, perché si appellava alla violenza e alla sovversione e non concedeva margini di mediazione al discorso sulla parità e sui diritti che muoveva i primi passi e sarebbe diventato dominante di lì a breve.
“Scum” di Valérie Solanas è il primo libro femminista che ho letto durante la mia adolescenza borghese in provincia. “Per bene che ci vada, la vita in questa società è di una noia sconfinata”, “Scum” inizia con queste parole di fuoco, che mi trovarono straordinariamente d’accordo, ma prosegue ancora meglio: “E poiché non esiste aspetto di questa società che abbia la minima rilevanza per le donne, alle femmine dotate di spirito civico, responsabili e avventurose, non resta che rovesciare il governo, eliminare il sistema monetario, istituire l’automazione completa e distruggere il sesso maschile”. Non ho la minima idea di come un libro così estremista sia potuto arrivare nella rispettabile casa dei miei genitori, eppure lo ha fatto, lasciandomi eccitata e inorridita, segnandomi per sempre.
Avrei scoperto in seguito che Valérie aveva portato alle estreme conseguenze l’enorme sacrificio di sangue e di vita che la generazione dei primi anni Sessanta ha pagato per dare inizio alla lotta di liberazione che ci permette di essere qui, oggi, a parlare di quello che ci pare.
Per ognuna di quelle che si abbiamo conosciuto e ammirato come leader femministe capaci di grandi rotture, ce ne sono state migliaia di cui non sapremo nulla ma che hanno distrutto matrimoni, perso figli e impieghi, status sociale, rispettabilità e salute mentale per cercare se stesse e le proprie simili, affrontando enormi sofferenze. Fra loro Adrienne Rich, che dopo tre figli e vent’anni di matrimonio, già stimata poetessa, capisce di essere lesbica, lascia il marito e costui si uccide. Scriverà Rich: “Nessuna donna è davvero un addetto ai lavori nelle istituzioni generate dalla coscienza maschile. Quando ci permettiamo di credere di essere, perdiamo il contatto con parti di noi stessi definite inaccettabili da quella coscienza; con la forza vitale e la forza visionaria delle nonne arrabbiate, le sciamane, le fiere donne della guerra delle donne di Ibo, le donne sete che resistono al matrimonio della Cina pre rivoluzionaria, i milioni di vedove, ostetriche e le donne guaritrici torturate e bruciate come streghe per tre secoli in Europa”.
Attiviste di cui non conosciamo i nomi hanno preceduto e seguito grandissime guastafeste come Jo Freeman e Shulamith Firestone, che vennero ignorate e ridicolizzate quando presentarono le loro proposte femministe al congresso di New York della New Left di cui facevano parte, e quindi decisero di fondare una organizzazione separata di donne, Radical Women, nel 1967.
Donne capaci di affrontare lo scandalo, e di pronunciare parole che non si erano mai sentite uscire dalla bocca e dalla penna di una signora, come quelle scritte da Anne Koedt nel 1968 in “Il mito dell’orgasmo vaginale”, dove si legge per la prima volta nella storia che il piacere sessuale delle donne è una questione politica e che la clitoride è il luogo del piacere e dell’autodeterminazione, estranee sia a Freud che al mito della donna “liberata” della controcultura.
Dobbiamo moltissimo alle donne capaci di tagliare i ponti, di operare fratture, di abbandonare i sentieri dati e prendere strade inesplorate, dentro e fuori il femminismo. Alle lesbiche, alle nere e alle femministe che appartenevano a minoranze etniche, che si sono fatte largo in un movimento che ai suoi esordi era soprattutto bianco, eterosessuale e composto da donne del ceto medio. A bell hooks, che ci ha appena lasciate, a Angela Davis, accusata nel 1970 di omicidio e sequestro di persona per un’azione delle Pantere Nere, venne assolta dopo una lunga battaglia processuale.
A tutte loro, a quelle visibili e a quelle invisibili, alle donne immaginate da Valérie Solanas sognava, “dominatrici, determinate, sicure di sé, cattive, violente, egoiste, indipendenti, orgogliose, avventurose, sciolte, insolenti, è dedicato questo ciclo di incontri e di discussione.
Mappa didattica – Per un’idea dei contenuti vedi l’edizione 2020, 2019 e 2018.
14 gennaio – Paola Tavella e Linda Laura Sabbadini: potere e rottura operata dal femminismo
15 gennaio – Marco Palillo: Il Combahee River Collective e la genesi del femminismo intersezionale negli Stati Uniti
21 gennaio – Paola Tavella e Tiziana Lo Porto parlano di Angela Davis
22 gennaio – Paola Tavella e Tiziana Lo Porto parlano di bell hooks
28 e 29 gennaio – Paola Tavella e Stefania Arcara parlano di Valerie Solanas (Lezioni online)